La stanza degli specchi – parte prima.

La stanza degli specchi – parte prima.

 

Il mondo intero è un palcoscenico, e tutti gli uomini e le donne semplicemente attori: Hanno le loro uscite di scena e le loro entrate in scena;

(William Shakespeare)

Prendendo spunto da questo inizio poetico del celebre commediografo, e provando a giocarci un po', possiamo accedere ad interessanti riflessioni e risultati.

Sono necessari pochi strumenti ma ben precisi: la Fede, la curiosità, il coraggio e l’immaginazione.

(Ed il Tapping sempre e comunque)

Fede (fuoco), la fede è un atto sentito, percepito, vissuto senza dubbi mentali, senza dubitare della veridicità del percepito.

Fede in sé stessi vuol dire contattare la parte Divina interiore e seguirne le indicazioni, le intuizioni, le verità che si manifestano in quel sottilissimo e quasi silente attimo percepito; subito sovrastato dal rumore della mente che come le due sorellastre di Cenerentola, inizia a produrre dubbi, paure, incertezze in quantità industriale. Va lasciato scorrere tutto questo rumore per portare l’attenzione solo a quell’attimo quasi silente, affidandosi totalmente ad esso senza timori.

Ogni religione, ogni civiltà, ogni ricorrenza santificata ci dice che vi è un Creatore, una fonte, o una triade o più di essi e di cui noi siamo espressione per immagine e somiglianza o particella. Pertanto, in noi risiede la fiamma di questa energia creatrice, e data la sua natura, è impensabile che agisca a nostro danno ma solo e unicamente in funzione della nostra evoluzione verso lo scopo esistenziale che siamo chiamati a vivere in questa incarnazione. E se anche ci fosse un’unica vita possibile, non ha importanza quante siano, importante che viviamo davvero mentre stiamo vivendo. La nostra parte Divina ci riporterà sempre sulla retta via evolutiva, con le buone o con le cattive. Sta a noi fare la scelta.

Cos’è preferibile fra un vissuto in una valle di lacrime o in un Paradiso terrestre?

La risposta, nel profondo inconscio, non è così ovvia per tutti. Detto questo, quale sarebbe il motivo giustificato per non avere Fede in noi stessi (Fede in noi stessi, Le parole hanno Energia Creativa “A fondamento di tutte le cose c’era la parola e la parola era davanti a Dio, tra l’uomo e Dio, e anche Dio era soltanto la parola Dio” da ‘Il codice Segreto del Vangelo-Il libro del Giovane Giovanni”- di I. Sibaldi) )

Mi è stato insegnato da poco il valore magico del “Sia fatta la tua volontà” (Giorgia Sitta). È una frase che conosciamo benissimo tutti da sempre. Ma come tantissime frasi che conosciamo benissimo da tempo, tendiamo a non dare ad esse Valore e pertanto non lo assumono nella nostra vita. Nel momento in cui ne riconosciamo il valore, assumono Valore nella nostra vita. Accorgersi e portare attenzione è una “bacchetta magica”. Trasforma da nessun valore a Valore.

Sia fatta la tua volontà”, quindi abbandonarsi, riferendoci alla propria parte Divina, è un atto di Fede potentissimo verso la parte di noi connessa con il Tutto. È attivare la parte di noi a immagine e somiglianza del Creatore o alla particella di Esso (qualunque esso sia non cambia la sostanza).

Quindi stiamo parlando di avere Fede in se stessi abbandonandosi al “sia fatta la tua volontà.”

Curiosità (acqua), è la base dello scopritore, dell’audace, dell’individuo sempre in cerca dell’evoluzione e del miglioramento di sé. Curiosità, senza la curiosità non c’è evoluzione, non c’è crescita, tutto rimane nelle dinamiche conosciute e col passare del tempo, in avvitamento su se stesse. Fondamentale chiedersi perché, il perché dei bambini. Quel perché che non richiede una spiegazione per capire ma per sapere. È il sapere la chiave evolutiva, il capire è nella mente di colui che è chiuso nel labirinto o nella selva oscura e vuol capire come uscirne. Ma non capirà mai abbastanza perché troppo piccola è la mente rispetto al cuore.

Coraggio (terra), come ama definirlo la mia collega Laura, Cor-aggio, agire con il cuore. Il cuore non esita. Una bella definizione è “va dove ti porta il cuore”: non farti domande e seguilo, sicuramente ti porta dove è meglio per te. Coraggio, abbiamo appena visto come il cuore sia infinitamente più grande della mente e il coraggio è Agire con il Cuore. Nulla può fermare un cuore impavido e un’Anima che lo segue senza ma e senza se. Cenerentola non si chiede cosa rischia a disubbidire alla matrigna, segue il suo cuore e non dubita minimamente di quanto fa e dice la “fatina”, che poi è l’espressione del proprio sé.

Immaginazione (aria), a me piace la definizione di F.Marchesi, “in me mago agere”. Con l’immaginazione si può creare, qualunque realtà stimolante per le nostre Emozioni. Come nei sogni? Esatto! Immaginazione, il nostro inconscio non distingue finzione da realtà, questo ci permette, avendo presenti le tre condizioni sopra motivate, di poter agire su ciò che ci disturba, ciò che ci limita, ciò che non permette l’evoluzione e che ci trascina inesorabilmente nel vortice buio. Importante è distinguere e non confondere immaginazione con fantasia. Immaginare è entrare dentro qualcosa, viverla, sentirne il coinvolgimento, lo “sguardo” è frontale o verso il basso ma sempre dentro; fantasticare è starne fuori, vedere senza coinvolgimento, lo “sguardo” è rivolto verso l’alto e al di fuori.

(Tapping sempre e comunque)

Shakespeare cosa ci vuole dire con la sua frase “Il mondo intero è un palcoscenico” se lo guardiamo attraverso le “lenti” dei quattro elementi in premessa?

Il palcoscenico è quello spazio delimitato di mondo sul quale si rappresentano le dinamiche umane. Gli attori recitano un copione scritto da un autore, nel quale egli proietta se stesso o parti di se stesso.

 

Tutto quello che “esce” da noi è una proiezione di noi, è parte reale di noi stessi, proiettata nei vari ruoli della commedia, o per molti, del dramma.

 

L’obiezione più immediata a questo punto è: “ma io non mi comporto e non sono come quel personaggio”.

Ovvio, spesso ciò che rifiuti è nascosto nella tua parte in ombra. Non la vedi e soprattutto non la vuoi vedere perché lì c’è tutto quello che rifiuti di te, o peggio, che detesti o addirittura odi.”

“Ma tutto ciò a cui si resiste, persiste”.

Abbiamo preso in considerazione questi due concetti interscambiabili e che sono: La stanza degli specchi; Il mondo intero è un palcoscenico, e tutti gli uomini e donne sono semplicemente attori: Hanno le loro uscite di scena e le loro entrate in scena.

Abbiamo visto come queste due espressioni le sentiamo nostre perché parlano di noi, nel nostro intimo. Ci portano a vedere ciò che è al di fuori con una prospettiva diversa, consequenziale a ciò che è dentro in noi. Pertanto, le considerazioni spicce che sorgono nell’immediato sono: se tutto ciò che mi circonda è uno specchio di me, ed è un palcoscenico con attori che si susseguono a recitare un copione di cui sono l’autore, allora posso modificare ciò che non mi va, ciò che non rende in flusso la mia via, ciò che mi porta infelicità, ciò che mi allontana dalla connessione verticale tra i miei piani fisico, emozionale, spirituale.

Per esempio, se nella mia vita incappo sempre o spesso in situazioni (rappresentazioni teatrali o riflessi dello specchio) in cui vengo tradito o assisto a frequenti tradimenti, la domanda a cui sono portato è “perché nella mia realtà mi capita ciò?”; perché in me da qualche parte faccio lo stesso. Da qualche parte non sono fedele tra il mio pensare, dire e agire; non sono abbastanza curioso da sperimentare questa coerenza; non metto abbastanza coraggio per sostenere questa coerenza; non immagino come potrebbe essere meglio di così se fossi coerente tra pensare, dire e fare, senza tradire questa coerenza.

Tutto ciò ci porta a considerare, per quanto detto prima, che se intervengo in me riscrivendo questo copione, gli attori o le immagini di me riflesse in quegli specchi cambieranno. È una conseguenza ovvia, anche perché sappiamo bene che tutto è impermanente e che in una dimensione di dualità come quella in cui siamo incarnati, ad ogni azione corrisponde una reazione.

Bene, direi che accettare che questa chiave di lettura potrebbe essere valida non sia così immediato; anche se percepita nella parte silente in noi, come verità che risuona inequivocabile. Necessita di un tempo di messa in discussione, di sperimentazione, di fallimenti e successi per poi lasciare sedimentare il tutto in attesa che dal profondo emerga il nuovo.

Solo allora si potrà incominciare a prendere in considerazione quali possano essere gli strumenti (carta e penna immaginari) per riscrivere il copione passo dopo passo.

(continua alla prossima puntata 😉)

Giorgio Albertini

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